Diversity manager: l'esperienza di Coopattiva in Tetra Pak

Intervista ai protagonisti di un importante progetto attivo dal 2017

a cura di Alessandro Baraldi | a.baraldi@coopattiva.com

Avviene tutto all’interno degli ambienti produttivi della sede Tetra Pak di Modena, nel Reparto in cui si collaudano e validano le filling machine (macchine confezionatrici) che verranno spedite in tutto il mondo per produrre i celebri pacchetti di confezionamento alimentare. Nel 2017 Tetra Pak ha dato inizio ad una collaborazione con Coopattiva con l’obiettivo di migliorare la situazione e l’efficienza dei lavoratori in assunzione obbligatoria che qui lavorano.

Con il suo progetto di Diversity management Tetra Pak ha partecipato alla selezione per l’edizione 2019 del Premio Innovatori Responsabili Er.Rsi 2019. Selezionato e ammesso, il progetto che vede protagonista il sito produttivo modenese di Tetra Pak insieme a Coopattiva, ha ottenuto dalla Regione Emilia-Romagna una Menzione speciale. Al contempo Tetra Pak, insieme a Coopattiva, ha preso parte al convegno “Dal disability manager al diversity manager: l’integrazione lavorativa di persone fragili e l’approccio alla diversità come opportunità” organizzato dal Consorzio di Solidarietà Sociale (CSS) di Modena nel contesto della Settimana della Salute Mentale, l’importante evento annuale modenese che tratta i temi della salute mentale e della lotta allo stigma.

Due eventi, due contesti ben distinti. Per raccontare questo progetto pilota considerato un importante caso di successo replicabile. Per Tetra Pak – che ha rilevato il bisogno di questa forma di innovazione di servizio per la valorizzazione e l’integrazione delle proprie risorse umane – come per Coopattiva, che ha risposto al bisogno con un progetto e una figura dedicata. La Diversity manager è una esperta di Coopattiva che opera in distacco presso la sede Tetra Pak di Modena tutti i giorni garantendo il buon funzionamento, il benessere e l’integrazione di un team di lavoratori appartenenti a categorie protette. Il progetto è ambizioso e sfidante, dal momento che introduce il Diversity management e la valorizzazione delle diversità come fattori chiave del miglioramento continuo.

Ne abbiamo parlato con alcuni protagonisti del progetto: Gianmaurizio Cazzarolli (FREM Director Tetra Pak Italy) Davide Zoboli (Production Leader, Responsabile del gruppo di lavoro Diversity manager), Elisa Fattori (coordinatore del progetto), Silvia Barozzi (coordinatore del progetto), Alessandro Pagliani (Team Green Tetra Pak), Cristina Marsanich (Diversity manager Coopattiva).

"I manager dei team nei quali operavano persone con bisogni speciali necessitavano di qualcosa di più. Di specialisti che potessero affiancarli"
Gianmaurizio Cazzarolli
FREM Director Tetra Pak Italy

Com’è nata l’idea del Disability manager in Tetra Pak?

[Gianmaurizio Cazzarolli]
Come tutte le aziende abbiamo l’obbligo di assumere un certo numero di persone appartenenti a categorie protette. Devo dire che Tetra Pak si è sempre mossa nel rispetto delle persone e con la volontà di valorizzare ogni lavoratore. Le persone in obbligo di legge son sempre state inserite all’interno dell’azienda, lasciando al responsabile del reparto o al manager il compito di gestire al meglio le risorse. È naturale che alcune persone possano avere bisogno di un supporto, di un’attenzione particolare per essere valorizzate. Abbiamo visto che lasciare questi aspetti semplicemente in carico ai manager non sempre si rivela come una soluzione efficiente. Anche perché gli aspetti in gioco e da salvaguardare sono tanti. E su tutto, naturalmente, c’è il fatto che il manager è incaricato di raggiungere degli obiettivi con le persone che ha a disposizione.

In tutto questo sistema complesso e articolato ci siamo chiesti: come supportare i manager nell’organizzazione del lavoro e delle persone che hanno a disposizione, comprese quelle in fascia protetta, parte del team come tutte le altre?

Dopo un percorso articolato ci siamo resi conto che i manager dei team nei quali operavano persone con bisogni speciali necessitavano di qualcosa di più. Di specialisti che potessero affiancarli: nell’organizzazione del lavoro, nella corretta interpretazione delle situazioni che si presentano, nella gestione migliore dell’attività delle singole persone. Infine nel curare la relazione tra tutte le persone del team e le persone con bisogni speciali.

Siamo partiti quindi con questa idea di affiancare al manager una persona specializzata capace di gestire, ottimizzare e valorizzare queste persone in relazione al team e agli obiettivi. Puntare ad utilizzare le competenze di ciascuno, mettendo tutti nelle condizioni di dare il meglio.

 

Com’è avvenuto l’incontro tra Tetra Pak e Coopattiva?

[Elisa Fattori]
Attraverso l’Associazione Aziende Modenesi per la RSI, di cui Tetra Pak fa parte, siamo entrati in contatto con Giorgio Sgarbi, dirigente di Coopattiva. Molto semplicemente gli abbiamo esposto il problema che avevamo e il progetto a cui stavamo pensando. Ci siamo incontrati con lui, insieme al nostro Ufficio Personale e a Davide (il primo lavoratore coinvolto).

È stato proprio Giorgio Sgarbi a proporci la figura di Cristina Marsanich – la Diversity manager di Cooopattiva che opera qui in Tetra Pak dal 2017 -. Il progetto, disegnato appositamente per noi, ci è piaciuto da subito: era facile intuire la forza del lavoro di costruzione di tutta la rete a supporto dei lavoratori con difficoltà. Ci è sembrata senza dubbi la soluzione migliore da provare ad intraprendere.

Peraltro, poco prima di far partire questo progetto, avevamo provato un distacco di Vincenzo, un nostro lavoratore che lavorava con noi già da molti anni, presso la sede modenese di Coopattiva. Ma questa scelta lo aveva messo in grossa difficoltà: ci siamo resi conto che spostandolo in un’altra realtà, per quanto ospitale, lo avevamo fatto sentire troppo distante dalla sua “famiglia lavorativa”. E così abbiamo iniziato a ragionare con Coopattiva fino ad arrivare a questa soluzione.
In questo senso Vincenzo ha rappresentato uno stimolo importante per il progetto pilota: la volontà non solo di gestire – il che è già importante – ma di valorizzare una persona che aveva delle aree di fragilità ci ha spinti in questa direzione.

"La volontà non solo di gestire ma di valorizzare una persona che aveva delle aree di fragilità ci ha spinti in questa direzione"
Elisa Fattori
Coordinatrice del progetto Diversity manager Tetra Pak

Una domanda per Davide Zoboli: tu sei un interlocutore diretto del Diversity manager. Qual è il tuo ruolo in questo progetto?

[Davide Zoboli]
Sono Production leader, manager di un team composto di 26 persone tra le quali 5 con disabilità. Alcune di queste avevano bisogno di un supporto che io non riuscivo a dare con qualità. Nell’arco degli anni abbiamo sempre gestito la situazione con la buona volontà dei singoli. Però, con l’evoluzione e la tensione al miglioramento continuo della performance tipiche di una organizzazione come la nostra, si tende a delegare alcune attività per mantenere fissa la rotta sul core business.
Di conseguenza tra noi (alcuni membri del team, il rappresentante sindacale, la Direzione) abbiamo iniziato a confrontarci su queste problematiche. Mi stavo rendendo conto di non riuscire a garantire un livello qualitativo e lavorativo sostenibile per le persone con fragilità.
Fino a quel momento svolgevamo internamente una attività in particolare, tra le tante, adatta per loro: l’imballo. Un lavoro ripetitivo, poco impegnativo mentalmente, poco stressante, nel quale ci si relazionava con un numero di persone piuttosto ridotto. Questo era il lavoro assegnato alle persone con disabilità prima del progetto di Diversity management.

Ad agosto 2016 questo tipo di lavorazione per una serie di motivi andò a scomparire. Dovevamo quindi reinventare un’attività per questi lavoratori. Mi sono semplicemente chiesto: queste persone cosa possono fare per essere utili alla “causa produzione”? Ho pensato che le persone che prima facevano solo imballo avrebbero potuto trovare un loro spazio per crescere. Si trattava di 2 persone più una terza – Alessandro che è qui con noi per l’intervista -. Da tempo riflettevo sulle spiccate capacità di Alessandro nell’utilizzo di hardware e software. A noi serviva una figura come la sua che potesse supportare i test engineer, alleggerendo la produzione e svolgendo lui direttamente una serie di attività di aggiornamento e gestione. L’esperienza Alessandro se l’era fatta, insieme a me: aveva problemi fisici importanti che imponevano una serie di limitazioni dal punto di vista operativo. Era stato proprio a partire da queste sue limitazioni che avevamo strutturato un percorso che nel corso tempo gli ha consentito di acquisire elevate competenze, importanti per l’intero Reparto.

[Alessandro Pagliani]
Naturalmente ciò che ho imparato piano piano stiamo cercando di trasmetterlo anche agli altri colleghi del gruppo.

[Davide Zoboli]
Oggi Alessandro è un punto di riferimento. È importante far notare che tutta una serie di attività di nicchia che abbiamo trasferito nel corso del tempo ad Alessandro lo rendono, in questo momento, uno specialista nella nostra officina, a cui fanno riferimento tutti, non soltanto il gruppo direttamente collegato al Diversity manager.

A questo punto viene da chiedere: che cos’è un Diversity manager? Cosa fa tutti i giorni in azienda? In cosa consiste concretamente questo progetto pilota che state portando avanti?

[Cristina Marsanich]
Diversity manager” è un termine oramai un po’ alla moda che, come spesso accade, piace utilizzare a tanti e un po’ in tutti i contesti. Se ci caliamo sul campo è un lavoro molto concreto ma difficile da definire. Si tratta di un incrocio tra diverse forme di competenza e di professionalità. Il Diversity manager è un po’ educatore, un po’ sociologo, un po’ manager, un po’ lavoratore tra gli altri. Certamente come tutte le questioni alla moda, rischia di essere utilizzato in termini cosmetici. È una bella parola, capace di colpire, di attrarre l’attenzione…

Tetra Pak ha voluto fare qualcosa di concreto. Ha scelto di intraprendere la strada di un progetto sperimentale autentico. Con tutte le criticità che una sperimentazione può portare con sé.

Potrei dire che sono entrata in azienda e mi sono inserita con un ruolo totalmente nuovo, con un percorso professionale e personale che mi rendeva un elemento per certi versi “scomodo”. È stato faticoso da entrambi i punti di vista: il mio e quello dell’azienda. Io faticavo a farmi capire da loro e loro a farsi capire da me. Inizialmente è stato così. Inevitabilmente, direi. Voglio anche dire che mentre partivamo con il progetto la cosa non è stata promossa o enfatizzata in alcun modo. Siamo partiti umilmente, dal basso, con un lavoro paziente e quotidiano.

L’incontro tra diversità non è cosa semplice; e non è così romantico e facile come rischia di emergere da una narrazione affrettata, sull’onda delle mode e delle emozioni.

In questo momento sto osservando, per studio, più ad ampio spettro (non soltanto su Tetra Pak) la funzione del Diversity manager. Devo dire che questi aspetti di cui stiamo parlando sono fondamentali per uno sviluppo del progetto di Diversity in azienda: partire dal basso e far convergere il lavoro quotidiano – il lavorare con le persone – con la visione dirigenziale.
Se non c’è questo lavoro quotidiano – lento, umile, dal basso – e se manca una visione dirigenziale del valore della diversità… Se mancano questi due elementi la cosa non può funzionare. Rischia di essere un’operazione d’immagine e addirittura di creare spazi di ghettizzazione e di cronicizzazione dei problemi intorno alle diversità.

In Tetra Pak le persone con difficoltà coinvolte nel progetto di Diversity sono state costrette a confrontarsi con la relazione, con la performance; non hanno messo nel cassetto il loro potenziale ma lo hanno messo in gioco.

[Gianmaurizio Cazzarolli]
All’interno di Tetra Pak tanti aspetti, anche di diversity, vengono portati avanti come progetti globali. Ad esempio: il passaggio generazionale, il gender, la cultura sono progetti gestiti a livello globale e poi calati sui territori.

Nel caso specifico di cui stiamo parlando non esiste un progetto globale di Diversity manager concentrati sulla gestione e valorizzazione delle disabilità. Non possiamo escludere che questa nostra soluzione possa essere a sua volta mutuata nelle altre realtà Tetra Pak in Italia. Non sarebbe la prima volta che una soluzione ad un problema con un progetto che parte dal basso si diffonde in altri siti Tetra Pak. Personalmente spero proprio che questo progetto non si fermi a Modena.

"In Tetra Pak le persone con difficoltà coinvolte nel progetto di Diversity sono state costrette a confrontarsi con la relazione, con la performance; non hanno messo nel cassetto il loro potenziale ma lo hanno messo in gioco"
Cristina Marsanich
Diversity manager Coopattiva

Il percorso con Alessandro è lungo e articolato. Anche per le altre persone inserite ci troviamo di fronte a storie e relazioni così forti con l’azienda?

[Davide Zoboli]
Gli altri lavoratori lavoravano a fianco di montatori esperti. Tutte persone che trattavano i ragazzi come dei figli: li accompagnavano in mensa, li supportavano in ogni cosa, puntando a dar loro tutto il sostegno che serviva per portare avanti quotidianamente l’attività produttiva in maniera positiva. Andate in pensione queste figure di riferimento io ho provato per circa 6 mesi a portare avanti questo approccio. Ma mi sono reso conto in fretta che non potevo riuscire, che la cosa non era sostenibile. Così ho chiesto aiuto all’azienda; e da lì siamo partiti…

È arrivata Cristina da Coopattiva e abbiamo fatto il giro dell’officina per capire cosa significasse lavorare in Tetra Pak: l’elenco di tutte le attività che svolgevamo, di quelle che avremmo voluto svolgere, ciò che era necessario apprendere per i lavoratori che da quel momento si sarebbero a lei affiancati. Siamo partiti con 5 attività piuttosto circoscritte per questo gruppo di lavoro. Oggi siamo arrivati ad inserire una quindicina di attività standard che loro riescono a svolgere in perfetta autonomia. Oltre ad una serie di attività extra.
È un percorso molto positivo, dal mio punto di vista.

E tu, Alessandro, come vedi quest’esperienza?

[Alessandro Pagliani]
Anche per me è molto positiva. Siamo partiti bene! Certo ora dobbiamo cercare di migliorare, di allargare, per fare in modo che tutti i colleghi siano in grado di affrontare le attività standard che noi svolgiamo, anche se noi non siamo presenti o siamo occupati in altre attività, così che ognuno sia in grado di fare la propria parte, di svolgere quello che gli viene richiesto in autonomia.

Nel mio piccolo io sto facendo così con il mio collega, cercando di insegnargli tutto in modo corretto e preciso, così da metterlo in condizione di fare tutto.

[Davide Zoboli]
In Tetra Pak – non solo qui a Modena ma a livello globale – stiamo puntando a modificare un approccio culturale. La nostra cultura aziendale, fino ad oggi, si riassume nel motto “I’m according to spec. I’m ok”. Ovvero: “Sono in linea con le specifiche. Sono ok”.

Se noi vogliamo avere successo dobbiamo andare oltre l’essere a posto con le specifiche, in qualsiasi area, aspetto, attività. Quello che diceva Alessandro è che noi tante volte diciamo: “ho fatto il mio lavoro e mi fermo lì”. Ma se vogliamo integrare un team diverso dobbiamo fare di più.
Noi, come dico ultimamente, siamo 44 persone. E siamo 44 “diversi” che interagiscono quotidianamente con un centinaio di persone “diverse”. Comprendere questo significa un passaggio mentale importante. In qualsiasi ambito e area (tecnica, logistica, commerciale) dobbiamo ragionare in questo modo. Capire che occorre tenere conto che non devo solo fare la mia parte, ma essere certo che tutto funzioni e giri sempre. Passarsi le informazioni e le competenze. Tra tutti, al di là delle diversità. Al contrario, il mindset che potrei dire tradizionale (“I’m according to spec. I’m ok”) limita anche l’area di lavoro dell’integrazione delle diversità e del Diversity manager. E per questo deve essere “aperto” per consentire a tutti di andare oltre.

"Noi, come dico ultimamente, siamo 44 persone. E siamo 44 diversi che interagiscono quotidianamente con un centinaio di persone diverse. Comprendere questo significa un passaggio mentale importante"
Davide Zoboli
Production Leader, Responsabile del gruppo di lavoro Diversity manager

Certamente state facendo un percorso di grande spessore. Non è per niente scontato fare questi passaggi mentali e farli entrare nei processi organizzativi. Cosa ne pensate?

[Davide Zoboli]
Voglio fare un esempio di come stanno andando le cose qua dentro. Alessandro e il suo collega pochi giorni fa hanno condotto un test per un nostro cliente particolarmente esigente, un brand importantissimo che tutto il mondo conosce e utilizza sulla propria tavola. Lo hanno condotto loro due, insieme a un collega. Capite cosa significa? Rappresentavano Tetra Pak; e hanno anche ricevuto i complimenti da questo cliente.
Ecco: Alessandro e il suo collega in alcune occasioni ci rappresentano di fronte al cliente. Un fatto importante da evidenziare. Contemporaneamente cosa accade? Dal momento che loro sono diventati gli specialisti, che garantiscono l’attività nel minor tempo e in applicazione alle procedure, gli altri colleghi rilevano che siamo “according to spec”. Ma adesso dobbiamo passare al livello successivo, quello dell’interscambio e quindi di una migliore integrazione.

Punti positivi e criticità di questo progetto ad oggi?

[Elisa Fattori]
La prima preoccupazione era accertarci che Cristina venisse accettata. È già delicato il fatto che una persona si presenti come “Disability manager”. Già il termine poteva creare qualche difficoltà. Perché in effetti al concetto di “disabile” si associa sempre una mancanza, una non capacità nel fare qualcosa. Mentre invece stiamo parlando di persone, di lavoratori; infatti siamo passati ben presto al concetto di “diversity”.

Tornando alla preoccupazione per l’accoglienza di Cristina. Immaginiamoci: in un ambiente totalmente maschile come quello della Produzione arriva una donna che deve mettersi le scarpe antinfortunistica e lavorare tutto il giorno lì, a fianco di tutti questi uomini. Cristina è lì tutto il giorno, perché puoi capire di cosa stai parlando solo se sperimenti e vivi in prima persona il lavoro.
Al di là di ogni preoccupazione ci siamo detti: proviamo. Siamo un’azienda innovativa e vogliamo fare innovazione anche nei Servizi. Ma di certo non potevamo essere certi che questo progetto potesse andare così bene. Adesso siamo orgogliosi: che sia partito bene, che stia procedendo bene, che i lavoratori coinvolti abbiano raggiunto livelli elevati di autonomia, fino a divenire parte essenziale del processo produttivo.

Posso dire che è molto bello passare in officina e constatare il rapporto che si è instaurato tra tutti i membri del Team. Si trovano nei 10 minuti di riunione quotidiana e si constata che è tutto integrato. Tutto si fa insieme. Tutti sono accettati.

Quando io e Silvia siamo andate a rappresentare Tetra Pak per la Menzione speciale nell’ambito del Premio regionale “Innovatori responsabili” abbiamo tenuto a specificare che tutto ciò non è semplicemente merito del lavoro di Cristina e delle persone direttamente coinvolte. Ma che è stato l’insieme dell’azienda che ha contribuito a procedere verso questo obiettivo. Sentivamo davvero di rappresentare tutti. Poi, certamente, il merito e il lavoro di tutti i giorni è dei protagonisti diretti. Ma occorre il contributo e la partecipazione di tutte le parti dell’azienda.

È importante che le altre aziende lo sappiamo, come è importante che tutti sappiano che con questo progetto si possono – come accade qua – recuperare tante abilità e anche tanti valori che vengono spesso sottovalutati o non presi in considerazione.

[Davide Zoboli]
La cosa bella è che tante cose che una volta delegavamo all’esterno adesso vengono svolte da questo team specializzato, che garantisce un supporto al Reparto.

La criticità? Se questo team domani non dovesse più esserci noi perderemmo ciò che abbiamo guadagnato. In questo momento siamo al massimo dei giri, ma se manca una parte del team, a partire da Cristina naturalmente, il meccanismo del Reparto non regge.

Devo proprio dire che siamo arrivati molto oltre le nostre aspettative. Aggiungo che mi pare che la Diversity manager sia diventata in qualche misura consulente non solo dell’officina ma un po’ di tutta l’azienda!

A questo proposito di recente avete fatto una due giorni di formazione proprio sul Diversity. Che cosa avete fatto e perché avete sentito questo bisogno?

[Cristina Marsanich]
Dopo il pensionamento di Giuliano, un lavoratore storico di Tetra Pak che era stato molto importante come elemento di collegamento tra il mio Gruppo di lavoro e l’intero Reparto, ho pensato che avrebbe potuto aiutarci un momento di formazione su tutti quegli aspetti relazionali che sono utili per il buon funzionamento di un team di lavoro. Segretamente il mio intento era di diffondere delle competenze personali e relazionali indispensabili per crescere nella cultura della diversità. Sì, perché la diversità è una caratteristica trasversale che tocca ciascuno. E la disabilità, di fatto, è un’accezione specifica della diversità, talvolta neppure tanto evidente o visibile.

In un’officina come quella di Tetra Pak, in questo ambiente in cui la prestazione è fondamentale, credo che essere formati sulla diversità e su come affrontarla possa significare un miglioramento. Nella quotidianità di un gruppo che lavora ci sono infinite diversità che agiscono continuamente a diversi livelli. Ecco: nel pensare a questa formazione io avevo l’ambizione di attivare quelle competenze che consentono di crescere nel maneggiare quotidianamente le diversità.

[Davide Zoboli]
Siamo andati alla formazione pensando di parlare di Diversity management ma in effetti nel corso delle 2 giornate ci siamo resi conto che stavamo parlando puramente di diversità. E secondo me è stata una scelta azzeccata. La chiave di lettura era questa: “siamo tutti diversi”. Esplorare con i colleghi questo argomento è stato importante.
È stata un’occasione di conoscenza e di incontro, completamente organizzata da Coopattiva, ovvero da chi fornisce il servizio di Diversity management. E ci ha offerto degli spunti per il nostro lavoro di tutti i giorni.

[Cristina Marsanich]
È chiaro che qui si viaggia nella diversità quotidianamente. All’interno di Tetra Pak l’officina è un’isola ma intorno c’è molto altro. E ogni incrocio è un luogo in cui affrontare la diversità. Se cresciamo in conoscenza e consapevolezza ne trarremo vantaggio sia personale che lavorativo.

[Elisa Fattori]
Ti vorrei leggere questo commento raccolto nel momento in cui abbiamo chiesto un feedback post-formazione. Dice così:
“Il corso è stato semplicemente meraviglioso. Sono stati 2 giorni di forti emozioni, di condivisione, crescita e arricchimento per tutti. Gli argomenti trattati sono stati molto interessanti e sono utilizzabili in diversi contesti personali e lavorativi. L’insegnante era super competente ed è stata molto brava a bilanciare concetti teorici con esercizi pratici. Insomma: un corso che secondo me dovrebbero fare tutti”.

In accordo con il Responsabile di Produzione avevamo definito con precisione chi invitare e coinvolgere in questo primo corso. Siamo partiti con una prima cerchia di stakeholder. Poi nella prossima edizione amplieremo il bacino di partecipanti.

[Davide Zoboli]
Nella formazione c’era il mio pari (quindi l’altro leader) e anche il mio Responsabile. Eravamo 12 persone. Di cui 3 ragazzi del mio team e 2 dell’altro team di produzione, più 2 ragazzi del magazzino e gli uffici coinvolti nel lavoro di tutti i giorni. Lo sforzo è stato grande. Il messaggio chiaro. L’iniziativa è stata accettata subito e volentieri. Insomma: una partecipazione attiva e significativa.

Io mi sento investito da un chiaro mandato da parte del mio Responsabile. Per fare un esempio: oggi non ho nemmeno chiesto di poter investire tempo in questa intervista. Sono consapevole che il progetto viene appoggiato e supportato nella sua interezza. E questo vale non solo per me ma per tutte le persone coinvolte. Chi giornalmente interviene nel meeting di aggiornamento sul gruppo di lavoro per il Diversity management si sente parte attiva del progetto, con un mandato chiaro.

[Cristina Marsanich]
L’altro aspetto – che si integra con ciò che ha detto Davide, e che mi pare sia divenuto un patrimonio di chi ha partecipato alla formazione – è che nel contesto del corso eravamo tutti uguali. Al di là delle gerarchie del quotidiano ci sono delle competenze che hanno a che fare con il patrimonio personale e che vanno al di là del ruolo giocato dal singolo in azienda. E sono imprescindibili per farsi capire e per capire l’altro.

"All’interno di Tetra Pak l'officina è un'isola ma intorno c'è molto altro. E ogni incrocio è un luogo in cui affrontare la diversità. Se cresciamo in conoscenza e consapevolezza ne trarremo vantaggio sia personale che lavorativo"
Cristina Marsanich
Diversity manager Coopattiva

La replicabilità di un progetto come questo è sicuramente auspicabile. Certo bisogna rilevare che Tetra Pak si è messa in gioco con molta decisione, investendoci e credendoci tanto…

[Cristina Marsanich]
È vero. E questo crederci ha un peso grande. Ma è anche vero che non è obbligatorio. Il Diversity manager deve entrare in un contesto, capire con chi ha a che fare e chiedere ciò che è possibile chiedere. E così facendo otterrà sicuramente dei risultati.

In ogni caso qui si è sperimentata una metodologia replicabile. Naturalmente senza mai prescindere dal contesto reale in cui ci si trova. E perseguendo la strada, che qui mi hanno trasmesso, del miglioramento continuo.

[Alessandro Pagliani]
Dobbiamo andare avanti con questo progetto; e poi vediamo se un domani riusciremo ad essere bravi e a far sì che anche altri si uniscano a noi. Pensate che io qui ci lavoro dal ’95. Nel 2020 sono 25 anni che lavoro in Tetra Pak.

[Cristina Marsanich]
Lo dico credendoci e non per dire una frase a effetto: loro – i lavoratori che seguo – sono i miei maestri. Mi hanno abilitata. Davvero, appena entrata qui, avevo delle disabilità forti, delle difficoltà importanti.

Noi siamo venuti a marzo 2018 per girare un video. Avendovi ascoltati allora ed oggi l’impressione è che ci sia stata, nell’arco di un tempo relativamente breve, una forte crescita…

[Cristina Marsanich]
Sì. Te lo confermo: c’è stata, in effetti.

[Elisa Fattori]
L’evoluzione c’è stata davvero. Diversamente non dedicheremmo tempo per questa intervista, o non avremmo presentato il progetto per il Premio “Innovatori responsabili” della Regione. Dovevamo presentare qualcosa di innovativo rispetto agli SDG’s e noi ci siamo detti: perché invece di presentare un prodotto finito non presentiamo un servizio? Perché non parliamo di Innovazione nei servizi? Il fatto che sia arrivata la menzione speciale è stato per noi un bellissimo segnale.

[Cristina Marsanich]
Senza dubbio questa è circular economy, perchè niente si scarta e nessuno si scarta. Ma certamente è stata bella la scelta da parte di Tetra Pak, e coraggiosa la Giuria nel selezionare Tetra Pak e menzionarla per questo progetto.

[Elisa Fattori]
Ora il Diversity management di Tetra Pak insieme a Coopattiva rientra tra le buone pratiche dell’Emilia Romagna. A proposito del nostro obiettivo di farlo diventare un modello replicabile credo che questo tipo di incoraggiamento rappresenti una promozione.

[Cristina Marsanich]
Sono certa che l’interesse su questo tipo di servizio sarà sempre maggiore perché nasce dalla risposta a un bisogno estremamente diffuso ed emergente.

[Elisa Fattori]
Mi ha colpito e mi ha fatto molto piacere vedere come all’evento di presentazione del Diversity management in occasione della Settimana della Salute Mentale di Modena ci fosse un pubblico così numeroso, trasversale e con molti giovani. I quali potranno probabilmente abbracciare questa futura professione. Credo sia una possibilità occupazionale e un servizio essenziale da promuovere all’interno delle aziende.

[Gianmaurizio Cazzarolli]
In conclusione, vorrei passasse con chiarezza un concetto per noi importante: crediamo nel valore dell’innovazione e siamo convinti che si debbano individuare metodi e vie per coinvolgere tutti in maniera costruttiva, senza fermarsi di fronte ad apparenti ostacoli.

Con questo progetto si punta a far esprimere il massimo potenziale lavorativo a tutte le persone. Credendo fermamente che questi obiettivi sono validi per ogni dipendente, a maggior ragione per chi ha difficoltà.
Riteniamo che il progetto di Diversity management nato dal basso nella sede Tetra Pak di Modena sia un vero caso di successo. Per noi lo è e speriamo possa svilupparsi anche in altri siti Tetra Pak e  in altre aziende. Scrivere articoli come questo e raccontare al pubblico, in occasione di eventi e convegni, la nostra esperienza è importante proprio per provare a diffondere questo modello di innovazione in cui crediamo e generare altrove situazioni simili a quella che stiamo positivamente sperimentando noi.

"Riteniamo che il progetto di Diversity management nato dal basso nella sede Tetra Pak di Modena sia un vero caso di successo: è importante diffondere questo modello di innovazione e generare altrove situazioni simili a quella che stiamo positivamente sperimentando noi"
Gianmaurizio Cazzarolli
FREM Director Tetra Pak Italy